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Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it
L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).




SEPARAZIONE E DIVORZIO: Mantenimento figli: niente condizionale per chi non versa tutto



Mantenimento figli: niente condizionale per chi non versa tutto
Senza integrale versamento dell'assegno di mantenimento niente condizionale se non si deduce che ci si trova nella assoluta impossibilità di adempiere.
Carcere senza condizionale per chi non versa il mantenimento ai figli
Il Giudice non è tenuto a verificare se il mancato versamento dell’assegno di mantenimento dipende da impossibilità assoluta di corrispondere le somme dovute: questa circostanza infatti va dedotta dall’imputato che deve altresì fornire adeguata prova al riguardo.
La Cassazione affronta il delicato tema del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, previsto e punito dall’art. 570 c.p. risolvendo la questione relativa alla sussistenza, in capo al Giudice, di un obbligo di verifica sulle condizioni economiche del reoe sulla possibilità di adempiere all’obbligo di mantenimento quando la sospensione condizionale della pena è subordinata al pagamento integrale di ogni somma dovuta.
Su questo argomento, infatti, si sono formati due diversi orientamenti giurisprudenziali di cui occorre dare conto.
Indice
L’orientamento minoritario.
Secondo un primo orientamento, minoritario nella Giurisprudenza di legittimità, la subordinazione della concessione dello sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno contestualmente liquidato impone sempre la valutazione del giudicante, sia pure sommaria e con apprezzamento motivato, delle condizioni economiche dell’imputatoe della sua concreta possibilità di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario [1].
L’orientamento maggioritario.
Secondo altro orientamento, invece, quando la sospensione condizionale della pena è subordinata all’integrale risarcimento del danno il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere. [2]
Tali elementi, inoltre, possono desumersi anche da circostanze dedotte dall’imputato. [3]
La soluzione adottata dalla Sesta Sezione.
La Sesta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza in commento [4] aderisce all’orientamento maggioritario appena richiamato. Si tratta di un’argomentazione di buon senso: sarebbe inutile subordinare la condizionale ad un adempimento che già quando viene imposto si sa che non potrà essere osservato.
La decisione ed il rigetto del ricorso.
Nello specifico caso affrontato dalla corte un uomo era stato condannato a quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa per avere omesso di corrispondere la somma stabilita quale contributo di mantenimentoper i tre figli minori.
Il ricorso per Cassazione si fonda sul lamentato errore dei Giudici di merito, che hanno subordinato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena all’integrale corresponsione delle somme dovute a titolo di mantenimento entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza senza una preventiva e motivata verifica, sia pure sommaria, delle condizioni economiche dell’imputato e, dunque, della concreta possibilità di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario.
Per la Cassazione il ricorso va rigettato, poiché la Corte d’Appello non era tenuta ad alcuna preventiva verifica in ordine alla capacità economica dell’imputato, avendo questi omesso di dedurre la sua impossibilità assoluta ad adempiere.
  • Cassazione, Sez. 5, Sent. n. 21557 del 02/02/2015, Solazzo e altro, Rv. 263675;
  • Cassazione, Sez. 3, Sent. n. 29996 del 17/05/2016, Lo Piccolo, Rv. 267352;
  • Cassazione, Sez. 6, Sent, n. 25413 del 13/05/2016, C., Rv. 267134;
  • Cassazione, Sez. 6, Sent. n. 52730 del 20/11/

SEPARAZIONE E DIVORZIO: Affidamento condiviso a rischio per il genitore che lascia il figlio sempre solo a casa



SEPARAZIONE E DIVORZIO: Affidamento condiviso a rischio per il genitore che lascia il figlio sempre solo a casa
Per la Cassazione, poi, non ci sono dubbi ad affidare il piccolo solo a un genitore se l'altro lo sottopone anche a violenza e a privazioni economiche
Lasciare il figlio sempre solo a casa davanti alla televisione è un comportamento che denota l'incapacità di un genitore di prendersi cura del piccolo.
Se poi il piccolo viene sottoposto anche a privazioni economiche ed esposto a scene di violenza sull'altro genitore, il rischio di perdere l'affidamento condiviso o addirittura la potestà genitoriale è alto.
Lesione dei doveri familiari e genitoriali
Si guardi, a tal proposito, al caso deciso dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 20622/2017 del 31 agosto (qui sotto allegata), avente ad oggetto la vicenda di un padre che era stato già privato della responsabilità genitoriale e, a seguito della decisione del giudice di merito, aveva perso anche l'affido condiviso del figlio.
Nel corso del giudizio, era emerso che il piccolo si era trovato frequentemente dinanzi a scene di violenza in danno della madre e che, altrettanto spesso, era stato lasciato solo a casa a guardare la TV.
Tutti questi comportamenti sono evidentemente lesivi dei doveri familiari e genitoriali e denotano l'incapacità dell'uomo di svolgere il suo ruolo nei confronti del figlio. Di fronte ad essi, poco importa che il padre in realtà si sente in realtà profondamente legato al figlio: l'affidamento resta esclusivamente in capo alla madre, come già stabilito dalla Corte d'appello.

SEPARAZIONE E DIVORZIO: L'audizione del minore



L'audizione del minore
In ambito internazionale, in Italia e in altri Paesi europei nel diritto di famiglia il figlio non è più oggetto di tutela, ma viene individuato come soggetto portatore autonomo di diritti. L’interesse del figlio, specie se minore, è posto al centro del diritto di famiglia. In questo contesto assume una notevole rilevanza l’audizione del minore, strumento primario per aiutare l’organo giudicante ad individuare l’interesse dello stesso.
Un fondamentale passo avanti su questa strada è stato fatto dalla recentissima L.219/2012 con la quale l’audizione del minore ha assunto un ruolo di primaria importanza nell’ambito dei procedimenti che lo coinvolgono.
La L. 10 dicembre 2012, n. 219, “Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali”, che rivoluziona tutta la disciplina della filiazione assegna infatti una posizione di rilievo all’ascolto del minore. Il nuovo art. 315 – bis in particolare attribuisce al figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure giudiziarie che lo riguardano. La legge, da anche un’ampia delega al Governo affinché disciplini le modalità di esercizio del diritto all’ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l’ascolto sia previsto nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato (art.2 lett. I).

Le opinioni del minore

Preliminarmente giova precisare la differenza tra l’audizione del minore e l’esame dello stesso sotto forma di testimonianza o interrogatorio. L’audizione è lo strumento per fare partecipare il minore al procedimento destinato ad emettere una decisione che riguarda e che a volte modifica radicalmente la sua vita. Nei lavori preparatori alla L.54/2006, legge in materia di affido condiviso, si sottolineava l’importanza di non inserire l’ascolto del minore nell’ambito dell’esame dei mezzi di prova rilevando come la ratio dell’ascolto non fosse quella di fornire al giudice elementi probatori, ma di consentire una partecipazione diretta del minore alle vicende processuali che lo riguardano, attraverso la manifestazione dei propri desideri e bisogni. Quando invece in un procedimento civile o penale si esamina un minore come persona informata, testimone, vittima o anche imputato, non vengono ascoltate le sue opinioni al riguardo, ma piuttosto vi è un racconto di fatti importanti ai fini della decisione.
Tale assunto è ben chiarito dalla Corte di Cassazione secondo la quale l’audizione non rappresenta “una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto”, per tale motivo, precisa la Corte, va svolta in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione, e quindi “con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo” (Cass. 12739/2011, Cass. 7282/2010).
L’audizione del minore pertanto, o meglio il diritto del minore ad essere ascoltato, come precisato dalla normativa internazionale e nazionale, è strettamente connesso all’interesse superiore dello stesso minore, è un potere dato al minore, capace di discernimento, di influire sulla formazione del convincimento del giudice i cui effetti possono incidere in maniera rilevante sulla sua vita.

In ambito internazionale
L’importanza di ascoltare il minore nelle procedure che lo riguardano è ribadita da tempo a livello internazionale. Norma di riferimento è innanzitutto l’art. 12 della Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo che, in coerenza con la concezione del minore come soggetto di diritti e protagonista delle scelte che riguardano la sua vita, prevede l’obbligo per gli Stati parti di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa.
La disposizione richiede agli Stati di fornire al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato. L’ascolto non deve essere fine a sé stesso ma tra gli obblighi imposti dalla Convenzione vi è anche quello di tenere conto delle opinioni espresse dal bambino in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.
La necessità di garantire la massima partecipazione del minore nella determinazione delle decisioni che hanno riflessi sulla sua esistenza è affermata anche nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, ratificata dall’Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77, nell’ambito della quale vengono proclamati come diritti del bambino, capace di sufficiente discernimento, tanto quello di ricevere informazioni adeguate quanto quello di esprimere le proprie opinioni, opinioni che devono essere tenute in debito conto dai soggetti deputati a prendere decisioni in ordine alla vita del minore stesso (art. 3 Conv.).
L’art. 10 inoltre, in rafforzamento della disposizione citata prevede che ogni bambino, ritenuto secondo le disposizioni del diritto interno dotato di sufficiente capacità di discernimento, abbia diritto esprimere la propria opinione. Al fine di rendere effettivo ed efficace tale diritto si prevede che il minore debba essere preventivamente sufficientemente informato in relazione al procedimento in corso ed altresì in relazione alle eventuali conseguenze del suo comportamento.
Il fanciullo, che ai sensi dell’art. 1 della Convenzione è il minore di 18 anni, ha inoltre il diritto di chiedere, personalmente o tramite altre persone od organismi, la designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti giudiziari che lo riguardano quando la legge nazionale priva i detentori della responsabilità genitoriale della facoltà di rappresentarlo a causa di un conflitto di interessi. Si stabilisce altresì che l’autorità giudiziaria ha l’obbligo, prima di prendere qualsiasi decisione, di verificare se il minore abbia ricevuto sufficienti informazioni, e di tenere in debito conto l’opinione dello stesso.

In ambito europeo
Sempre in ambito internazionale si sottolinea il reg. CE 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, secondo cui le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute, tra l’altro, quando, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto (art. 23 lett. B).
Anche la Carta europea dei diritti fondamentali all’art. 24 stabilisce che “i bambini possono esprimere liberamente la loro opinione, ed essa viene presa in considerazione per le questioni che li riguardano”.
In questo contesto giova altresì ricordare le linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulla giustizia a misura del minore, per una giustizia “child –friendly”, una “giustizia amichevole” nei confronti dei minori, redatte il 17 novembre 2010, il cui recepimento negli ordinamenti interni è stato indicato dalla Commissione europea come uno degli obiettivi dell’Unione nell’Agenda europea per i diritti del minore (2011). Le linee guida hanno lo scopo di fornire agli Stati membri obiettivi da raggiungere modificando la propria legislazione e dettano in particolare regole processuali per i procedimenti in cui il minore è coinvolto, sottolineando l’importanza del diritto all’informazione e all’ascolto del minore. Tra gli altri aspetti le linee sottolineano l’importanza di fornire al minore tutte le informazioni necessarie, anche relative al procedimento, ai suoi meccanismi e alla possibilità di revisione delle decisioni, il tutto con un linguaggio che sia a lui comprensibile.
Il documento richiede inoltre che i procedimenti che coinvolgono minori si svolgano in ambienti non intimidatori e a misura di minore, e che le sedute in tribunale non durino troppo a lungo e si svolgano con tempi e ritmi adatti ai piccoli programmando anche opportune pause per evitare di incidere sulla loro capacità di attenzione.

In ambito nazionale
In ambito nazionale l’audizione del minore è prevista sia nel diritto civile che nel diritto penale.
In particolare in ambito civile, non vi sono regole uniformi in relazione al valore da dare all’opinione del minore per cui a fronte di ipotesi in cui la volontà del minore è ritenuta vincolante (es. riconoscimento del figlio quattordicenne, adozione ecc.), vi sono casi in cui il giudice deve semplicemente tener conto della sua opinione. Vi erano inoltre divergenze in relazione all’età da prendere in considerazione ai fini dell’ascolto, in alcuni casi si faceva riferimento all’ultrasedicenne, in altri al quattordicenne in altri ancora al dodicenne e a quello di età inferiore se ritenuto capace di discernimento.
La questione è attualmente superata dal nuovo art. 315-bis, introdotto dalla L. 219/2012 che, con decorrenza dal 1 gennaio 2013, stabilisce, recependo le suesposte istanze internazionali, che il minore ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure giudiziarie che lo riguardano, quando ha compiuto i dodici anni e anche più piccolo se ritenuto capace di discernimento, se cioè viene considerato dal giudice capace di capire la situazione e le conseguenze della sua opinione in merito. La nuova disposizione in pratica ricalca l’art. 155-sexies introdotto in relazione all’affidamento dei minori in caso di separazione dei genitori dalla L. 54/2006, c.d. legge in materia di affido condiviso e ne estende il contenuto a tutti i procedimenti relativi ai minori.
Si evidenzia comunque che la legge non ha recepito l’aspetto, sottolineato dalle convenzioni internazionali, delle adeguate informazioni da fornire al minore prima della sua audizione.

DIVORZIO: Se la moglie ha rinunciato a lavoro e carriera a favore di figli e famiglia, legittima è la richiesta di assegno divorzile.



Se la moglie ha rinunciato a lavoro e carriera a favore di figli e famiglia, legittima è la richiesta di assegno divorzile. 
Tribunale di Milano, sent. n. 9868 del 3 ottobre 2017
Il Tribunale di Milano analizza e adegua, condividendoli, i nuovi parametri che la Suprema Corte ha delineato per l'individuazione della legittimità della pretesa di assegno divorzile. Valutati i parametri in astratto ed in concreto della domanda, il collegio adatta nel caso concreto la innovativa interpretazione dei presupposti per l'obbligazione a carico di una delle due parti, facendo riferimento alla effettiva necessità del soggetto economicamente più debole di percepire l'assegno, considerandolo come persona singola, svincolata dal riferimento al precedente contratto matrimoniale. Si cerca infatti l'individuazione di un parametro diverso, che sia coerente con le premesse. Il Collegio ritiene che un parametro di riferimento siffatto-cui rapportare il giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza" dei “mezzi” dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e sulla "possibilità-impossibilità “per ragioni oggettive”" dello stesso di procurarseli-vada individuato nel raggiungimento dell'" indipendenza economica" del richiedente: se è accertato che quest'ultimo è "economicamente indipendente" o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo  diritto.
Nel caso di specie è un fatto che la donna, parte convenuta, non abbia redditi propri se non quelli provenienti dall'assegno di mantenimento del marito, nè proprietà immobiliari, avendo liquidato la propria parte di immobile allo stesso in seguito ad accordi di separazione, ed abbia lasciato da oltre venti anni la propria attività lavorativa, per dedicarsi alla famiglia ed ai figli. Tale scelta di fatto era stata condivisa dai coniugi ed ha rappresentato un notevole impegno per la stessa, nonchè risparmio in termini di risorse economiche per il nucleo.Ha, quindi, un’età (anni 54) che non le consente certo, tenuto conto delle attuali condizioni del mercato del lavoro dal quale la signora è uscita ormai da oltre vent’anni, di reperire un’occupazione. La richiesta di parte convenuta viene quindi accolta, poichè è stato dimostrato, secondo il collegio, la legittimità della richiesta e quantificato il quantum dell'obbligazione.