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L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).




SEPARAZIONE E DIVORZIO - Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

 

SEPARAZIONE E DIVORZIO - Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

Conseguenze legali per chi non paga gli alimenti ai figli in caso di separazione con la madre.

La questione dell’affido dei figli minori in caso di separazione dei genitori è complessa e influenzata da diversi fattori. Una domanda che spesso ci si pone è cosa rischia il padre che non versa gli alimenti.Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

La risposta varia sensibilmente a seconda della gravità della condotta. Isolati inadempimenti, specie se dovuti a difficoltà economiche, non possono derogare al principio generale che impone l’affidamento condiviso. Del resto il diritto alla «bigenitorialità» è sancito dalla Costituzione.

In questo articolo vedremo, alla luce di alcune sentenze della giurisprudenza, quando il totale disinteresse del genitore giustifica l’affido esclusivo della prole. Ma procediamo con ordine.

Che effetti ha il mancato pagamento del mantenimento sull’affido dei figli?

L’omesso pagamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli da parte del genitore non collocatario può portare alla perdita dell’affidamento condiviso del minore quando è grave e reiterato. Il giudice può decidere per l’affidamento esclusivo all’altro genitore solo se da tale omissione deriva un danno agli interessi del minore (ad esempio una perdita delle occasioni di studio).

L’affidamento condiviso è la regola generale mentre l’affidamento esclusivo va disposto solo quando si accerta l’inidoneità o la manifesta carenza di un genitore e l’idoneità dell’altro a prendersi cura del bambino.

La legge preferisce infatti che entrambi i genitori siano coinvolti nell’educazione del figlio dopo una separazione (modello condiviso). L’affidamento esclusivo a un solo genitore è quindi l’eccezione.

Tuttavia, il regime di affidamento condiviso potrebbe risultare pregiudizievole per l’interesse del minore nel caso in cui il genitore si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita: tali condotte, infatti, sono indici della incapacità ad affrontare le responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente e pertanto giustificano l’affidamento esclusivo (Trib. Rovigo, sent. n. 384/2023, Trib. Bari, sent. n. 1471/2023).

Come chiarito di recente dal tribunale di Pistoia (sent. n. 848/2023), se l’affidamento condiviso si rivela dannoso per il benessere del minore, il giudice può optare per l’affidamento esclusivo. Questa situazione si può verificare, ad esempio, quando un genitore mostra indifferenza verso il figlio, attraversa un disagio esistenziale che influisce negativamente sul loro rapporto, o semplicemente non provvede ai bisogni fondamentali del bambino.

Omesso versamento degli alimenti: la perdita dell’affido non è automatica

In ogni caso, il semplice fatto che il genitore non collocatario si renda inadempiente all’obbligo di mantenimento dei figli non è elemento di per sé decisivo ai fini dell’affido esclusivo della prole in favore dell’altro genitore. Non si tratta cioè di una conseguenza automatica. Tale decisione richiede una valutazione complessiva dell’atteggiamento del genitore, tale da integrare una manifesta carenza di attitudini genitoriali ed un pregiudizio per il figlio. Insomma, è il giudice che decide caso per caso sulla base della gravità della condotta del genitore inadempiente e delle conseguenze che questa ha avuto o potrebbe avere sul figlio.

Cosa comporta l’indifferenza del genitore nei confronti del figlio?

Oltre al mancato sostegno economico, anche l’indifferenza o un disagio esistenziale del genitore che incide sul rapporto con il minore può essere motivo per revocare l’affido condiviso. Tale comportamento è considerato inadeguato per le responsabilità che l’affido condiviso comporta.

In presenza di un grave disinteresse da parte di un genitore l’affido dei figli viene assegnato all’altro genitore in via esclusiva. Questo significa che il genitore affidatario assume da solo le decisioni di maggiore interesse per il figlio, senza il consenso dell’altro.

In un recente caso deciso dal tribunale di Trapani (sent. del 4.01.2023), il totale disinteresse del padre nei confronti delle figlie, che non ha nemmeno riconosciuto alla nascita e nei cui confronti non ha adempiuto a nessuno degli obblighi di educazione e mantenimento che incombono su di un genitore, costituisce un evidente esempio di condotta tale da giustificare la deroga al regime dell’affidamento condiviso.

 

SEPARAZIONE E DIVORZIO - Quando viene assegnata la casa in caso di separazione?

 

SEPARAZIONE E DIVORZIO - Quando viene assegnata la casa in caso di separazione?

La separazione comporta molteplici questioni legali, tra cui una delle più delicate è l’assegnazione della casa coniugale. Comprendere come e quando avviene questa assegnazione può servire ad evitare spiacevoli sorprese.

Qui di seguito forniremo una guida chiara per comprendere innanzitutto cos’è il diritto di abitazione, a chi viene assegnato, quanto tempo dura e come si perde. Ma procediamo con ordine.

In quali casi viene assegnata la casa durante la separazione?

L’assegnazione della casa familiare in caso di separazione viene disposta solo in caso di coppia, sposata o convivente, con:

  • figli minorenni;
  • figli maggiorenni non ancora autosufficienti;
  • figli maggiorenni portatori di grave handicap ai sensi della legge 104.

Il giudice non può invece assegnare la casa coniugale se la coppia:

  • non ha figli;
  • i figli non vivono più con i genitori;
  • i figli derivano dall’unione di uno dei due partner/coniugi;
  • i figli hanno un lavoro stabile in grado di mantenerli da soli;
  • i figli hanno più di 30 anni, avendo perciò perso il diritto al mantenimento;
  • i figli, seppur maggiorenni, non studiano con profitto;
  • i figli, seppur maggiorenni, non studiano e non cercano un lavoro;
  • la coppia ha già trovato un accordo sulla divisione della casa.

Come si è appena visto, l’assegnazione della casa coniugale segue il diritto al mantenimento dei figli. Finché questo sussiste, resta in vita il diritto di abitazione; ma appena esso cessa, la casa torna al suo legittimo proprietario. Questo perché l’assegnazione della casa familiare viene disposta solo nell’interesse dei figli: non costituisce quindi un sostegno economico al relativo genitore. Anzi, dell’assegnazione del diritto di abitazione si tiene conto ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge ricevendo questi un beneficio dalla disponibilità di un tetto.

Quali sono i criteri per l’assegnazione della casa?

Il giudice assegna la casa coniugale nei confronti del genitore che, se anche non proprietario o comproprietario dell’immobile, ha la collocazione dei figli. Dunque, a ottenere il diritto di abitazione è il padre o la madre con cui i figli vivono stabilmente. Non rileva quindi l’affidamento (che, di regola, è condiviso) ma la materiale collocazione (ossia la fissazione della dimora).

Cosa dice la legge sull’assegnazione della casa?

La legge prevede che, in caso di separazione, la casa coniugale sia assegnata al coniuge a cui viene affidata la custodia dei figli. In assenza di figli, la casa non può essere assegnata al coniuge economicamente più debole.

Il giudice può assegnare solo la casa in cui la coppia viveva prima di separarsi e non un altro immobile, come la seconda casa. Ne deriva che, per evitare l’assegnazione di un’abitazione di proprietà, non bisognerebbe viverci stabilmente.

Il giudice può assegnare anche la casa in cui la coppia viveva in affitto o in comodato. A quest’ultimo proposito, il comodato non dà diritto al comodante di ottenere la restituzione dell’immobile a meno che il contratto non sia scritto con indicazione di una data di scadenza.

Cosa accade in caso di disaccordo tra i coniugi?

In caso di disaccordo, il giudice interviene determinando l’assegnazione sulla base dei criteri legali appena visti.

Per ottenere la restituzione della casa non basta che vengano meno i presupposti indicati in precedenza: è necessario anche una sentenza del giudice che modifichi quella di assegnazione del diritto di abitazione precedentemente accordato.

 

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SEPARAZIONE E DIVORZIO - ALIMENTI

SEPARAZIONE E DIVORZIO - ALIMENTI Separazione dei coniugi, ammissibile anche in appello l’istanza per ottenere gli alimenti così la S.C. in una recente sentenza. In tema di separazione personale tra coniugi, la domanda rivolta a richiedere un assegno di natura alimentare costituisce un minus ricompreso nella più ampia domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il coniuge. Ne consegue che la relativa istanza - ancorché formulata per la prima volta in appello in conseguenza della dichiarazione di addebito - è ammissibile, non essendo qualificabile come nuova ai sensi dell’art. 345 Cpc, attesa anche la natura degli interessi ad essa sottostanti. Cassazione Civi., ordinanza 19618/2023.