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L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
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SEPARAZIONE E DIVORZIO: L'audizione del minore



L'audizione del minore
In ambito internazionale, in Italia e in altri Paesi europei nel diritto di famiglia il figlio non è più oggetto di tutela, ma viene individuato come soggetto portatore autonomo di diritti. L’interesse del figlio, specie se minore, è posto al centro del diritto di famiglia. In questo contesto assume una notevole rilevanza l’audizione del minore, strumento primario per aiutare l’organo giudicante ad individuare l’interesse dello stesso.
Un fondamentale passo avanti su questa strada è stato fatto dalla recentissima L.219/2012 con la quale l’audizione del minore ha assunto un ruolo di primaria importanza nell’ambito dei procedimenti che lo coinvolgono.
La L. 10 dicembre 2012, n. 219, “Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali”, che rivoluziona tutta la disciplina della filiazione assegna infatti una posizione di rilievo all’ascolto del minore. Il nuovo art. 315 – bis in particolare attribuisce al figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure giudiziarie che lo riguardano. La legge, da anche un’ampia delega al Governo affinché disciplini le modalità di esercizio del diritto all’ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l’ascolto sia previsto nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato (art.2 lett. I).

Le opinioni del minore

Preliminarmente giova precisare la differenza tra l’audizione del minore e l’esame dello stesso sotto forma di testimonianza o interrogatorio. L’audizione è lo strumento per fare partecipare il minore al procedimento destinato ad emettere una decisione che riguarda e che a volte modifica radicalmente la sua vita. Nei lavori preparatori alla L.54/2006, legge in materia di affido condiviso, si sottolineava l’importanza di non inserire l’ascolto del minore nell’ambito dell’esame dei mezzi di prova rilevando come la ratio dell’ascolto non fosse quella di fornire al giudice elementi probatori, ma di consentire una partecipazione diretta del minore alle vicende processuali che lo riguardano, attraverso la manifestazione dei propri desideri e bisogni. Quando invece in un procedimento civile o penale si esamina un minore come persona informata, testimone, vittima o anche imputato, non vengono ascoltate le sue opinioni al riguardo, ma piuttosto vi è un racconto di fatti importanti ai fini della decisione.
Tale assunto è ben chiarito dalla Corte di Cassazione secondo la quale l’audizione non rappresenta “una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all’una o all’altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto”, per tale motivo, precisa la Corte, va svolta in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione, e quindi “con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo” (Cass. 12739/2011, Cass. 7282/2010).
L’audizione del minore pertanto, o meglio il diritto del minore ad essere ascoltato, come precisato dalla normativa internazionale e nazionale, è strettamente connesso all’interesse superiore dello stesso minore, è un potere dato al minore, capace di discernimento, di influire sulla formazione del convincimento del giudice i cui effetti possono incidere in maniera rilevante sulla sua vita.

In ambito internazionale
L’importanza di ascoltare il minore nelle procedure che lo riguardano è ribadita da tempo a livello internazionale. Norma di riferimento è innanzitutto l’art. 12 della Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo che, in coerenza con la concezione del minore come soggetto di diritti e protagonista delle scelte che riguardano la sua vita, prevede l’obbligo per gli Stati parti di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa.
La disposizione richiede agli Stati di fornire al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato. L’ascolto non deve essere fine a sé stesso ma tra gli obblighi imposti dalla Convenzione vi è anche quello di tenere conto delle opinioni espresse dal bambino in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.
La necessità di garantire la massima partecipazione del minore nella determinazione delle decisioni che hanno riflessi sulla sua esistenza è affermata anche nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, ratificata dall’Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77, nell’ambito della quale vengono proclamati come diritti del bambino, capace di sufficiente discernimento, tanto quello di ricevere informazioni adeguate quanto quello di esprimere le proprie opinioni, opinioni che devono essere tenute in debito conto dai soggetti deputati a prendere decisioni in ordine alla vita del minore stesso (art. 3 Conv.).
L’art. 10 inoltre, in rafforzamento della disposizione citata prevede che ogni bambino, ritenuto secondo le disposizioni del diritto interno dotato di sufficiente capacità di discernimento, abbia diritto esprimere la propria opinione. Al fine di rendere effettivo ed efficace tale diritto si prevede che il minore debba essere preventivamente sufficientemente informato in relazione al procedimento in corso ed altresì in relazione alle eventuali conseguenze del suo comportamento.
Il fanciullo, che ai sensi dell’art. 1 della Convenzione è il minore di 18 anni, ha inoltre il diritto di chiedere, personalmente o tramite altre persone od organismi, la designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti giudiziari che lo riguardano quando la legge nazionale priva i detentori della responsabilità genitoriale della facoltà di rappresentarlo a causa di un conflitto di interessi. Si stabilisce altresì che l’autorità giudiziaria ha l’obbligo, prima di prendere qualsiasi decisione, di verificare se il minore abbia ricevuto sufficienti informazioni, e di tenere in debito conto l’opinione dello stesso.

In ambito europeo
Sempre in ambito internazionale si sottolinea il reg. CE 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, secondo cui le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute, tra l’altro, quando, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto (art. 23 lett. B).
Anche la Carta europea dei diritti fondamentali all’art. 24 stabilisce che “i bambini possono esprimere liberamente la loro opinione, ed essa viene presa in considerazione per le questioni che li riguardano”.
In questo contesto giova altresì ricordare le linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulla giustizia a misura del minore, per una giustizia “child –friendly”, una “giustizia amichevole” nei confronti dei minori, redatte il 17 novembre 2010, il cui recepimento negli ordinamenti interni è stato indicato dalla Commissione europea come uno degli obiettivi dell’Unione nell’Agenda europea per i diritti del minore (2011). Le linee guida hanno lo scopo di fornire agli Stati membri obiettivi da raggiungere modificando la propria legislazione e dettano in particolare regole processuali per i procedimenti in cui il minore è coinvolto, sottolineando l’importanza del diritto all’informazione e all’ascolto del minore. Tra gli altri aspetti le linee sottolineano l’importanza di fornire al minore tutte le informazioni necessarie, anche relative al procedimento, ai suoi meccanismi e alla possibilità di revisione delle decisioni, il tutto con un linguaggio che sia a lui comprensibile.
Il documento richiede inoltre che i procedimenti che coinvolgono minori si svolgano in ambienti non intimidatori e a misura di minore, e che le sedute in tribunale non durino troppo a lungo e si svolgano con tempi e ritmi adatti ai piccoli programmando anche opportune pause per evitare di incidere sulla loro capacità di attenzione.

In ambito nazionale
In ambito nazionale l’audizione del minore è prevista sia nel diritto civile che nel diritto penale.
In particolare in ambito civile, non vi sono regole uniformi in relazione al valore da dare all’opinione del minore per cui a fronte di ipotesi in cui la volontà del minore è ritenuta vincolante (es. riconoscimento del figlio quattordicenne, adozione ecc.), vi sono casi in cui il giudice deve semplicemente tener conto della sua opinione. Vi erano inoltre divergenze in relazione all’età da prendere in considerazione ai fini dell’ascolto, in alcuni casi si faceva riferimento all’ultrasedicenne, in altri al quattordicenne in altri ancora al dodicenne e a quello di età inferiore se ritenuto capace di discernimento.
La questione è attualmente superata dal nuovo art. 315-bis, introdotto dalla L. 219/2012 che, con decorrenza dal 1 gennaio 2013, stabilisce, recependo le suesposte istanze internazionali, che il minore ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure giudiziarie che lo riguardano, quando ha compiuto i dodici anni e anche più piccolo se ritenuto capace di discernimento, se cioè viene considerato dal giudice capace di capire la situazione e le conseguenze della sua opinione in merito. La nuova disposizione in pratica ricalca l’art. 155-sexies introdotto in relazione all’affidamento dei minori in caso di separazione dei genitori dalla L. 54/2006, c.d. legge in materia di affido condiviso e ne estende il contenuto a tutti i procedimenti relativi ai minori.
Si evidenzia comunque che la legge non ha recepito l’aspetto, sottolineato dalle convenzioni internazionali, delle adeguate informazioni da fornire al minore prima della sua audizione.