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Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it
L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).




Famiglia di fatto: separazione, mantenimento e affidamento dei figli



Famiglia di fatto: separazione, mantenimento e affidamento dei figli
Guida legale con giurisprudenza aggiornata
La società italiana è in continua evoluzione. Negli ultimi anni la famiglia di fatto e le coppie omosessuali sono riuscite a raggiungere importanti obiettivi. Nuove tutele non solo per le coppie che decidono di non convolare a nozze, ma anche per i figli nati all'interno di realtà che rifiutano di contrattualizzare il legame che li unisce dal punto di vista affettivo.
I figli delle coppie di fatto: la disciplina normativa
La legge n. 219/2012, in vigore dal 1 gennaio 2013, equipara i figli nati da una coppia di conviventi a quelli di una regolare coppia sposata. Questo comporta che i genitori, coniugati o meno, abbiano nei confronti dei figli i medesimi diritti e doveri. Sono venute meno inoltre le differenze in materia successoria e per quanto riguarda la competenza processuale. La legge ha infatti stabilito che il Tribunale ordinario è competente nel risolvere le questioni relative all'affido e al mantenimento dei figli sia di coppie sposate che di fatto. Novità che presenta aspetti positivi per quanto riguarda la tutela dei diritti.
Occorre premettere che quando una coppia decide di separarsi non deve necessariamente rivolgersi al Tribunale per regolarizzare le modalità di affidamento e mantenimento dei figli. Tuttavia è sempre consigliabile rivolgersi al Tribunale per formalizzare un eventuale accordo tra le parti, poiché una semplice scrittura privata non è in grado di obbligarli giuridicamente. I provvedimenti del Tribunale sono infatti vincolanti e questo permette, in caso di inottemperanza da parte di uno dei due, di agire per ottenere il rispetto di quanto pattuito. 
Separazione della coppia di fatto: il mantenimento dei figli
La recente Legge Cirinnà, che ha introdotto importanti novità per le coppie di fatto, presenta il difetto di non garantire, in caso di separazione, una tutela adeguata al convivente più debole economicamente. La legge infatti non prevede la corresponsione di un assegno di mantenimento a favore del convivente più svantaggiato, ma solo il diritto agli alimenti da commisurare alla durata della convivenza. Discorso completamente diverso deve essere fatto per i figli e il loro mantenimento.
I genitori devono infatti provvedere alle loro necessità in misura proporzionale alle rispettive capacità reddituali ed economiche. Il Giudice dopo aver confrontato le diverse posizioni dei due ex conviventi deciderà chi tra i due è tenuto a corrispondere l'assegno di mantenimento e la misura dello stesso. Nella determinazione dell'entità dell'assegno il magistrato deve tenere conto altresì del tenore goduto dai figli durante la convivenza.
Altra questione da regolare è quella relativa alle spese straordinarie, stabilite solitamente nella misura del 50% a carico di entrambi i genitori. Questi costi sono correlati alle esigenze di crescita del bambino e si caratterizzano per la loro imprevedibilità e occasionalità (gite, spese dentistiche, concerti, sport, corsi musicali). 
Separazione della coppia di fatto: l'affidamento dei figli
La parificazione dei figli naturali a quelli legittimi  comporta l'applicazione della disciplina sull'affido condiviso, che enuncia il principio della bigenitorialità. Questo significa che la potestà genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori. Discorso diverso deve essere fatto per la collocazionefisica del figlio. Si ritiene infatti che, per l'equilibrio psico-fisico del minore, sia preferibile che costui dorma e trascorra le proprie giornate presso l'abitazione del genitore collocatario capace di assicurare una maggiore presenza e cura. La giurisprudenza post-riforma tende a incoraggiare il pernottamento di una o due notti presso il genitore non collocatario, che in genere è ancora il padre. 
Giurisprudenza 
Tribunale di Milano, ordinanza 11 marzo 2016: "la regola dell'affidamento condiviso non è negoziabile dai genitori ... non è ammissibile una rinuncia all'affido bigenitoriale da parte di uno dei partners, in quanto trattasi di un Diritto del Fanciullo e non dei genitori ... reso evidente dall'art. 315-bis c.c. ... introdotto dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219."
Corte di Cassazione, n. 2127 del 3.02. 2016: ha stabilito che le spese straordinarie non devono essere necessariamente concordate se non comportano decisioni di maggiore interesse per i figli, rilevando in questi casi la sostenibilità economica della spesa da parte dei genitori.



Gli oggetti regalati dall’ex di valore esagerato vanno restituiti se oltre le liberalità d’uso



Gli oggetti regalati dall’ex di valore esagerato vanno restituiti se oltre le liberalità d’uso
Il dono di un oggetto di rilevante valore, quando richiede un esagerato sforzo economico, deve essere restituito se non è fatto con la forma dell’atto pubblico, ai sensi dell’art. 782 c.c.
Si dice che un “diamante è per sempre”, ma è veramente così?
Legato alla forza , alla perfezione ed alla bellezza il diamante è simbolo di un legame eterno, ma l’amore no e quando finisce se il diamante in questione è di tredici carati va reso a chi l’ha regalato.
È quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 18280 del 2016, la quale, chiamata a risolvere la lite tra due ex innamorati ormai “ai ferri corti”, ha confermato che l’ex fidanzata deve restituire all’ex fidanzato un quadro di Pablo Picasso del valore stimato di seicentomila euro unitamente ad un brillante da tredici carati perché hanno provocato un depauperamento del patrimonio, sebbene cospicuo, del facoltoso partner.
Mentre altri oggetti d’arte, tra cui opere di autori famosi quali Klee, klimt e Man Ray regalati dall’ex fidanzato alla donna durante la relazione sentimentale, in occasione di festività come la Festa della donna e San Valentino, non vanno restituiti perché il valore risulta proporzionato al consistente patrimonio del donante e pertanto possono essere qualificate come liberalità d’uso.
Ma quando una coppia “scoppia” cosa va veramente restituito?
Ecco il vademecum.
Alla rottura di un rapporto sentimentale segue il più delle volte la lite per per i regali fatti durante la relazione, soprattutto se di rilevante valore. Ma cosa c’è veramente da aspettarsi? E quando la fine di un amore determina delle conseguenze legali?
Nel caso in cui la coppia “scoppia” il legislatore prevede che i due ex fidanzati possono chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, cioè soltanto di quei regali fatti in occasione della futura celebrazione delle nozze.
Tutto il resto non può essere chiesto indietro a meno che eccedano le liberalità d’uso e non siano stati donati con la forma dell’atto pubblico notarile.
Le liberalità d’uso, ai sensi dell’art. 770, comma 2, c.c.), sono quei doni posti in essere non già quale libera manifestazione del donante, bensì quale consapevole adeguamento agli usi e ai costumi sociali.
A tal proposito la Cassazione ha sottolineano che anche festività di conio non antico, quali la festa della donna e San Valentino, sono ormai da tempo entrate a far parte della cultura occidentale e pertanto tali da determinare regali importanti e non solo mimose o cioccolatini, sempre che non rappresentino una donazione di grande valore.
Attenzione, però, quando alcun obbligo di restituzione sussiste, essere insistenti può avere notevoli conseguenze anche di carattere penale.
La Cassazione, infatti, nel 2011 con la sentenza n. 3172 si era già occupata del problema configurando in capo all’insistente fidanzato, che aveva perseguitato la ragazza per la restituzione dei doni, il reato di estorsione.
Questo è, dunque, ciò che accade al partner che, dopo la rottura sentimentale, faccia ricorso a condotte violente ed intimidatorie, non assistite da alcuna forma di tutela giuridica nel nostro ordinamento, per la restituzione di oggetti e somme di denaro elargiti per mero spirito di liberalità come manifestazione del proprio affetto.

Unioni civili: reato (anche) per il partner che non paga il mantenimento



Unioni civili: reato (anche) per il partner che non paga il mantenimento
Ieri il Governo ha approvato in via preliminare i tre decreti legislativi che attuano la legge Cirinnà modificando anche il codice penale. Tutte le novità
Dopo circa 4 mesi dall'entrata in vigore della legge Cirinnà sulle unioni civili, parte l'attuazione delle disposizioni nella stessa contenute affidate, nel frattempo, ad una normativa "ponte". Ieri, infatti, il Governo ha dato il prima via libera (preliminare) a tre decreti legislativi necessari a fissare la cornice attuativa della disciplina varata nei mesi scorsi con la l. n. 76/2016 (per approfondimenti, "Unioni civili: tutti i punti essenziali della nuova legge").
I tre provvedimenti, in particolare mirano, in conformità alla delega affidata all'esecutivo, ad adeguare e a coordinare le nuove norme sulle unioni tra persone dello stesso sesso, con le disposizioni esistenti sull'ordinamento dello stato civile, a modificare e riordinare le norme del diritto internazionale privato e il codice penale.
Ecco, in sintesi, le novità:
Lo stato civile
Il primo decreto, sulle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni negli uffici dello stato civile, adegua le norme attualmente esistenti, prevedendo, tra le altre cose che, come per il matrimonio, il partner dell'unione civile che decida di aggiungere al suo il cognome del partner, non perda il suo cognome d'origine.
Rispetto alla norma ponte (il dpcm n. 144/2016), quindi, che, istituisce, tra l'altro, nei comuni il registro provvisorio delle unioni civili, con tali norme non è necessario produrre alcuna modifica anagrafica.
Il diritto internazionale
Sotto il profilo del diritto internazionale, spiega il comunicato del Governo, le norme che hanno avuto ieri il sì preliminare di Palazzo Chigi "evitano le possibili elusioni della disciplina italiana quando non esistono profili oggettivi di transnazionalità", come per esempio quando si tratta di un'unione civile contratta all'estero da cittadini italiani che abitualmente vivono in Italia. Anche in questo caso, l'unione sarà regolata dalla legge italiana.
Il terzo decreto, infine, interviene sul codice penale,apportando modifiche ad alcuni articoli, per consentire, anche in tale ambito, "l'equiparazione del partner dell'unione civile, al coniuge". Nel dettaglio, si consente che possa operare il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiarea carico del partner dell'unione civile che commetta inadempienze nei confronti dell'altro. Si potrà, inoltre, applicare al reato di omicidio l'aggravante prevista quando la vittima è coniuge di chi ha commesso il fatto, anche laddove il fatto avvenga tra due soggetti legati da unione civile.
L'iter dei decreti
I tre provvedimenti ora dovranno essere esaminati dalle commissioni competenti di entrambi i rami del Parlamento che dovranno esprimere il proprio parere entro 60 giorni. I tempi sono piuttosto stretti, giacchè il Governo deve attuare la delega, approvando in via definitiva i decreti legislativi, entro il prossimo 5 dicembre (6 mesi dall'entrata in vigore della legge). Ma è la stessa legge Cirinnà a lasciare una via d'uscita: considerato che il termine fissato per i pareri parlamentari è troppo ravvicinato alla scadenza che il Governo deve rispettare (salvo un esame lampo da parte delle commissioni), l'esecutivo avrà altri 3 mesi (ossia fino al 5 marzo) per l'adozione definitiva dei decreti attuativi.
Nel frattempo, si potrà continuare ad applicare la normativa ponte, ivi comprese le formule fissate dal Viminale durante l'estate per la celebrazione delle unioni.


Il padre assente paga i danni al figlio dalla nascita



Il padre assente paga i danni al figlio dalla nascita
Il Tribunale di Cassino condanna un papà a risarcire 52mila euro alla figlia ormai adolescente per il c.d. illecito endofamiliare
Non basta assolvere al dovere del mantenimento, se il padre risulta assente dalla vita del figlio è tenuto al risarcimento del danno fin dalla nascita. Lo ha affermato il tribunale di Cassino, con la recente e interessante sentenza (n. 832/2016 qui sotto allegata) condannando un papà a risarcire alla figlia, naturale, ormai adolescente, 52mila euro a titolo di danno non patrimoniale per non essere stato praticamente mai presente nel corso della sua vita, pur essendo in regola con il pagamento del mantenimento.
A nulla è valso il tentativo di difesa dell'uomo che sosteneva di aver sempre ottemperato agli obblighi di mantenere la figlia, di cui anni prima il tribunale aveva accertato la paternità naturale, ma di non poter trascorrere più tempo con la stessa, sia per i continui impedimenti frapposti dalla madre, sia per il timore che il suo nucleo familiare (moglie e figli) venisse a conoscenza dell'esistenza della figlia avuta con un'altra donna. 
Il giudice, infatti, prendendo atto che il padre si era totalmente disinteressato della bambina, muovendosi nel solco dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, accoglieva le richieste della madre (ricorrente), ivi compresa quella di vedersi attribuita una somma forfettaria per il mantenimento della minore per il periodo intercorrente (circa un anno) tra la sentenza di riconoscimento della paternità naturale e il decreto che fissava il mantenimento mensile.
L'obbligo di mantenimento del figlio naturale
Su questo punto, infatti, il tribunale ha affermato che "è noto che l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio nasce proprio al momento della sua nascita, anche se la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza (cfr. tra le varie, Cass. n. 27653/2011)". E la sentenza dichiarativa "della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento comportando per il genitore, ai sensi dell'art. 261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento".L'obbligazione, prosegue la sentenza, trova la sua ragione giustificatrice nello status di genitore, la cui efficacia retroattiva è datata appunto al momento della nascita del figlio, ed anzi l'obbligo di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsiasi domanda.
Per cui, "la conseguenza ineludibile è che, anche nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, per ciò stesso non viene meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale", proprio perché "il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato, nei confronti di entrambi i genitori, è sorto fin dalla sua nascita (cfr., da ultimo, Cass. n. 3079/2015)".
Il risarcimento del danno non patrimoniale
Quanto invece alla richiesta di risarcimento danni per abbandono del minore, la questione si inserisce, afferma il giudice, nella più vasta problematica della responsabilità aquiliana nei rapporti familiari oggetto di una rielaborazione condotta sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali della persona.
Da tempo, in merito, la giurisprudenza ha enucleato la nozione di "illecito endofamiliare", secondo la quale, la violazione dei relativi doveri familiari nel caso in cui la stessa provochi la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. E in tale ambito non può che rientrare il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, che, ha spiegato il tribunale, "determina un'immancabile ferita di quei diritti nascenti dal rapporto di filiazione, che trovano nella carta costituzionale e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela".
Nel caso di specie, sebbene la minore apparisse serena e con un percorso evolutivo sostanzialmente regolare, ha osservato il giudice, "il Ctu ha sottolineato le possibili problematiche nell'evoluzione della crescita psicologica e quelle, nella vita da adulta, attinenti alla formazione di rapporti sani e durevoli con l'altro sesso". La bambina ascoltata, fra l'altro, aveva riferito di non aver incontrato il padre non più di 5 volte precisando che non le piaceva stare con lui soltanto per un paio d'ore.
È chiaro, dunque, prosegue la decisione, che il padre "è figura sostanzialmente del tutto assente nella vita della figliae, pur rispettando l'obbligo al mantenimento, si è limitato a vederla in rarissime occasioni, dietro palese sollecitazione del giudice, ma non facendo nulla per instaurare un normale legame affettivo addirittura delegando l'incombenza alle di lui madre e sorella".
E la privazione della figura genitoriale paterna, quale punto di riferimento fondamentale soprattutto nella fase della crescita, "integra un fatto generatore di responsabilità aquiliana c.d. endofamiliare la cui prova, secondo la S.C., può essere offerta sulla base anche di soli elementi presuntivi, considerando la particolare tipologia di danno non patrimoniale, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sè della lesione (cfr. Cass. n. 16657/2014)".
Per cui, la liquidazione di siffatto danno non patrimoniale non può che essere equitativa stante "l'obiettiva impossibilità o particolare difficoltà di fornire la prova del quantum debeatur" e va liquidata, ha concluso la sentenza in 52mila euro, pari a 4mila euro all'anno dalla nascita ad oggi.