La casa in prestito al figlio non torna più ai genitori
Nel caso di immobile offerto in comodato al figlio affinché lo destini ad abitazione della propria famiglia, i genitori non ne possono più chiedere la restituzione se non quando viene meno l’esigenza a cui è destinato.
La casa che i genitori hanno prestato al figlioaffinché questi la destini ad abitazione della propria famiglia non può più essere chiesta indietro: questo perché la disciplina sul comodato (tale è, appunto, il prestito di un immobile a titolo gratuito) stabilisce che, se le parti non hanno previsto alcun termine per la restituzione del bene, ma lo scopo è quello di dare un tetto alla famiglia del comodatario (il figlio), la restituzione può essere pretesa solo quando cessa detto scopo. In buona sostanza, solo quando il figlio non ha più bisogno dell’immobile (per esempio, per essersi trasferito o per averne acquistato uno proprio) i genitori possono riprenderselo. È quanto chiarito una recente sentenza del Tribunale di Fermo [1].
Si legge nella sentenza che, nell’ipotesi di concessione in comodato di un immobile destinato a casa familiare, il comodante (cioè il titolare del bene) è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto. Solo la prova di un urgente e imprevisto bisogno del comodante dà diritto a quest’ultimo a farsi restituire subito la casa.
La durata del contratto di comodato
Circa la restituzione dell’immobile dato in comodato è possibile prevedere tre diverse ipotesi:
– se le parti hanno fissato un termine di scadenza nel contratto: il comodato cessa a tale data; pertanto il comodatario dovrà restituire immediatamente l’immobile;
– tuttavia, non sempre il comodante e il comodatario fissano un termine ben preciso: infatti è pienamente lecito dare in prestito di un immobile anche oralmente, senza bisogno di un contratto scritto e senza pagare l’imposta di registro. In tal caso, ossia di comodato senza un termine di scadenza (cosiddetto comodato precario), il comodante può chiedere la restituzione della casa in qualsiasi momento;
– se, tuttavia, pur in assenza di termine indicato dalle parti nel contratto, è possibile determinare indirettamente la durata del contratto (ad esempio attraverso l’individuazione dello scopo per il quale il bene è stato prestato, degli interessi e dalle utilità perseguite dalle parti), allora il comodatario può trattenere per sé la casa finché tale scopo non è venuto meno.
È quest’ultimo il caso in cui l’immobile destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario (da intendersi anche nelle sue potenzialità di espansione). La durata del comodato è fissata fino a quando permangono le esigenze abitative del figlio. Il comodante può esigere la restituzione immediata solo se sopravviene un bisogno urgente e imprevisto.
E se il figlio si separa dal coniuge?
Nel caso di comodato con termine desumibile dallo scopo, il comodante (il genitore) non può chiedere la restituzione dell’immobile neanche se il comodatario (il figlio) si separa dal coniuge se a quest’ultimo il giudice intende assegnare la casa in quanto affidatario del figlio. In questo caso, fino a quando permane l’assegnazione della casa in forza della sentenza del tribunale, il comodante non può pretendere la restituzione dell’immobile, anche se il matrimonio è cessato. Per maggiori approfondimenti su questo aspetto leggi: “La casa prestata al figlio resta alla moglie dopo la separazione” e “Comodato: dopo la separazione la casa resta alla moglie”.