La figura del genitore “non
collocatario”: una bigenitorialità che rischia di naufragrare
E’ tutta giurisprudenziale la figura del genitore “non
collocatario”.
La riforma del diritto di famiglia, portando avanti la
bandiera della bigenitorialità e della preferenza per l’affido
condiviso, piuttosto che per le forme di affido esclusivo, tendeva a condurre
una vera e propria rivoluzione culturale, prima ancora che una drastica
modifica di carattere legislativo.
Sia sufficiente leggere il disposto del primo comma
dell’articolo 337 ter del codice civile, laddove si evidenzia quanto
appresso:
“Il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto
equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura,
educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
La declaratoria di legge, però, si scontra con la
prassi giurisprudenziale e con la quotidianità dei rapporti da regolamentare,
avuto riguardo il miglior riassetto della vita dei figli minori all’esito della
crisi di una coppia.
Spesso i tribunali antepongono il concetto di
“stabilità” del minore, che renda più serena la giornata del fanciullo,
evitando stress e traumi da eccessivi spostamenti e cambi di dimora, piuttosto
che un concetto di pari tempi di visita tra genitore collocatario e genitore
non collocatario.
Anche se in molte situazioni sarebbe utopico
realizzare in modo effettivo una pari presenza dei genitori nella vita del
figlio minore, esistono numerose altre situazioni nelle quali il buon senso,
prim’ancora che un’attenta lettura della situazione fattuale da parte del
giudice, imporrebbe un maggior sforzo nella regolamentazione del regime di
visita e di pernotto.
L’evoluzione sociale e la mutevolezza dei rapporti,
propria dei nostri tempi, impongono alla giurisprudenza doverose prese di
coscienza, al fine di non limitare la vita del fanciullo presso il genitore
“collocatario”, riducendo la presenza del genitore che “collocatario” non è, ad
una mera eccezione, cosa che va ad eludere in modo clamoroso il dettato del
primo comma del sovra richiamato art. 337 ter comma I del codice civile.
In questo contesto, si inseriscono numerose pronunce
della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che spesso ha sanzionato il
nostro paese perché i tribunali non riescono a garantire una effettiva
bigenitorialità, allorquando i diritti di visita del genitore non collocatario
non vengono rispettati da parte dell’altro genitore, e l’autorità giudiziale
sarebbe chiamata a provvedere sanzionando tali condotte inadempienti e
ripristinando i principi voluti dall’art. 337 bis del codice civile.
In particolare, la Corte Europea tiene sempre a
salvaguardare il disposto dell’articolo 8 della Convenzione Europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali:
“Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita
privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”.
I Giudici di Strasburgo in numerose pronunce
evidenziano come il sistema giuridico e burocratico italiano (con particolare
riferimento all’ausilio degli psichiatri ed ai servizi sociali), appaiono del
tutto inadeguati per garantire in modo equo e veloce, i diritti dei genitori
separati nei casi di conflittualità. Soprattutto la velocità nella definizione
del conflitto, assume paradigma fondamentale, onde evitare che molte situazioni
possano degenerare in un conflitto infinito, con gravissimo danno per il
fanciullo, prim’ancora che per il genitore che si vede di fatto escluso dalla
prosecuzione dei rapporti regolari con i figli minori.