No all'assegno di mantenimento se il figlio è colpevole di inerzia
Il caso. La Corte d’Appello di Bari riformava il decreto emesso dal Tribunale con il quale era stato revocato l’assegno mensile di € 929 posto a carico di L.G. in favore dei due figli maggiorenni G. e V.. La Corte Territoriale ritenendo non provata la raggiunta indipendenza economica dei figli, rigettava la domanda di revoca del contributo. Avverso il decreto L.G. proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una falsa applicazione e un omesso esame circa un fatto decisivo in relazione agli artt. 147, 148 e 155 quinquies c.c., in riferimento all’obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente. Il ricorrente deduceva che la figlia G. dopo aver conseguito la laurea, aver ottenuto una specializzazione, doveva essere considerata in grado di reperire un lavoro qualificato confacente al titolo di studio. Invece, la condotta del figlio trentenne V., reduce da numerosi insuccessi universitari, doveva considerarsi come una colpevole inerzia, non avendo quest’ultimo nemmeno provato a procurarsi una fonte reddituale che gli garantisse l’autosufficenza. I motivi del ricorso, alla luce dei criteri ermeneutici delle norme codicistiche che stabiliscono i parametri dell’obbligo di contribuzione al mantenimento dei figli maggiorenni, devono ritenersi fondati, vertendo essi sull’error in iudicando della corte territoriale.
L’età non è un limite assoluto al mantenimento ma… Per costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, nonostante l’obbligo al mantenimento non cessi «ipso facto con il raggiungimento della maggiore età» dei figli e il genitore interessato alla declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento sia tenuto a «provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato»; l’onere della prova può essere soddisfatto anche semplicemente allegando circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione. Il giudice di merito valuta, caso per caso, con criteri di rigore «proporzionalmente» crescenti in rapporto all’età dei beneficiari per evitare che il dovere di assistenza muti in una forma di parassitismo da parte di ex giovani a danno dei loro genitori, sempre più anziani. «Il giudice di merito non può prefissare in astratto un temine finale di persistenza dell’obbligo di mantenimento», d’altro canto l’avanzare dell’età non può essere ininfluente concorrendo ad accrescere l’incidenza del ricorso alla prova per presunzioni e alla valutazione critica (prova logica) delle condotte. La situazione soggettiva del figlio che si rifiuta ingiustificatamente, in età avanzata, di acquisire l’autonomia economica tramite l’impegno lavorativo o negli studi, non è tutelabile perché sarebbe altrimenti «contrastante con il principio di autoresponsabilità che è legato alla libertà delle scelte esistenziali della persona».