Il padre ha diritto di sapere cosa c´è scritto nel tema anche se all´esame il figlio è stato promosso
Non conta il superamento della prova: l´istituto deve comunque rilasciare al genitore una copia dell´elaborato per consentirgli di vigilare sugli orientamenti culturali del minore
Non è vero che il genitore ha diritto ad avere la copia del compito del figlio soltanto se all’esame l’allievo risulta bocciato. Al padre deve invece riconoscersi la facoltà di leggere il tema di italiano previsto nella prova scolastica anche per consentirgli di controllare come procede il percorso di formazione e in particolar modo quali sono gli orientamenti culturali del minore nella cruciale fase di crescita. Il che non significa, scrivono i giudici, riaffermare una concezione paternalistica della potestà genitoriale. È quanto emerge dalla sentenza 2597/14, pubblicata dalla seconda sezione del Tar Puglia, sede di Lecce.
Sbaglia l’amministrazione scolastica locale quando rifiuta di consegnare l’elaborato realizzato dall’allievo di un istituto comprensivo salentino: il “no” degli uffici è motivato sul rilievo che non sussisterebbe un interesse giuridicamente da tutelare visto che la ragazza è stata promossa col massimo dei voti. Sarà forse solo orgoglio paterno che spinge l’uomo a volere un “trofeo”? Chissà.
Certo è che la trasparenza amministrativa non può avere geometrie variabili e dunque consentire l’ostensione dei documenti soltanto quando il candidato è bocciato all’esame in modo da consentire un ricorso consapevole al giudice amministrativo. Forse nel caso di specie il padre vuole semplicemente conoscere di più la figlia in una veste in cui non l’ha mai vista, quella di studentessa. E deve ritenersi, scrivono i giudici, che debba essere concessa al genitore attento la possibilità di avere cognizione piena dei gusti, delle aspettative, degli orientamenti culturali che una minore va acquisendo e sviluppando in un ambiente chiamato a compartecipare alla crescita e alla maturazione dell’individuo, ivi incluse le aspettative di vita che, spesso, sfuggono ad un sano dibattito in ambito strettamente familiare. Il tutto senza rischio di “inquisizione”, vale a dire di un’ingerenza pressante del genitore che risulterebbe in netta controtendenza con i tempi attuali. L’amministrazione paga le spese del giudizio.