Assegnazione della casa coniugale: che fare se l’ex ne ostacola il godimento?
Se, dopo la separazione, il coniuge estromesso dalla casa pone ostacoli al pieno utilizzo del bene da parte dell’assegnatario, questo può effettuare a proprio nome la voltura delle utenze ed eventuali riparazioni anticipandone le spese, senza che occorra il consenso del proprietario o l’autorizzazione del giudice: è inammissibile il ricorso in via d’urgenza che, in questi casi, cede il passo alle azioni a tutela del possesso.
Il coniuge al quale il giudice assegna la casa coniugale dopo la separazione non deve chiedere l’autorizzazione per compiere lavori urgenti e necessari al pieno utilizzo del bene quando l’ex, invece estromesso dall’immobile (che ne sia anche proprietario), rifiuti di dare il proprio consenso oppure ostacoli il godimento dell’immobile assegnato all’altro.
Ce lo ricorda una pronuncia del Tribunale di Catanzaro [1] che chiarisce (sotto diversi aspetti) quali tutele la legge riserva in questi casi all’assegnatario della casa. Non va dimenticato, infatti, che, con il provvedimento di assegnazione della casa familiare, il giudice si pone come scopo prioritario quello di tutelare i figli [2] e, quindi, la sua decisione prescinde dal titolo di proprietà vantato sull’immobile da parte di uno o dell’altra.
Non di rado, accade invece che il coniuge estromesso non prenda di buon grado la pronuncia del Tribunale e si comporti in modo tale da ostacolare di fatto il diritto dell’ex all’uso e godimento dell’immobile. Ne è un classico esempio l’atteggiamento di chi – a seguito dell’assegnazione all’altro genitore – decida di lasciare la casa coniugale portando via con sé beni di uso quotidiano (ad esempio piccoli elettrodomestici) e funzionali alle quotidiane esigenze della famiglia.
Ma gli ostacoli al godimento della casa familiare da parte del coniuge estromesso possono essere di varia natura. La pronuncia in commento, ad esempio, fa riferimento al caso di un marito (proprietario della casa coniugale) che, allo scopo di indurre la moglie a lasciare spontaneamente l’immobile assegnatole dal giudice, ne ostacolava di fatto il godimento tagliando i fili della corrente elettrica e impedendo l’utilizzo del cortile per accedere all’abitazione. La donna, pertanto, si rivolgeva al tribunale con un ricorso 700 d’urgenza.
Prendendo spunto da questo specifico caso, il giudice calabrese fa alcune importanti precisazioni.
Il primo chiarimento è di carattere prettamente processuale(e che perciò attiene più strettamente alla difesa tecnica scelta dal difensore): ricorda, infatti, la sentenza come il procedimento d’urgenzasia uno strumento residuale offerto alle parti quando manchi, per il caso concreto, una specifica misura cautelare; mentre, in un’ipotesi di questo tipo, la tutela richiesta dall’assegnatario, quale detentore qualificato del bene, deve inquadrarsi nell’ambito della diversa disciplina delle azioni a tutela del possesso [3]. Ne consegue che il procedimento in via d’urgenza a tutela delle ragioni dell’assegnatario della casa coniugale deve considerarsi inammissibile.
L’altra precisazione, di natura più strettamente pratica, è bene che sia tenuta a mente innanzitutto dall’assegnatario della casa: egli – sottolinea il giudice – a seguito del provvedimento del tribunale, subentra in tutte quelle posizioni giuridiche che riguardano ilgodimento dell’immobile e, pertanto, ha pieno diritto di effettuare a proprio nome la voltura delle utenze ad esso relative, che saranno a suo carico (salvo diversa decisione del magistrato).
Nel caso in cui, nello specifico, il coniuge estromesso sia anche proprietario della casa familiare, la ripartizione delle spese con l’assegnatario andrà fatta distinguendo fra spese relative alla proprietà e spese inerenti il godimento, nelle quali vanno ricomprese anche le eventuali riparazioni urgenti (come, nel caso di specie, quelle di ripristino dei cavi dell’energia elettrica).
Il giudice di merito sottolinea, infatti, come la figura dell’assegnatario sia parificabile – quanto alle ragioni di tutela – a quella del conduttore di un immobile locato; in questo caso, perciò, il coniuge che ha in godimento il bene (insieme ai figli) ha il pieno diritto di eseguire o far eseguire direttamente le riparazioni urgenti alla casa coniugale (salvo poi richiederne il rimborso) [4] allo scopo di preservarne la specifica destinazione d’uso, ossia un habitat funzionale alla crescita della prole convivente.
In conclusione, in mancanza di consenso (e ancor più in caso di ostacolo) da parte del coniuge estromesso e proprietario della casa, non occorre che l’assegnatario richieda l’autorizzazione del magistrato per compiere lavori urgenti e indifferibili. Egli, infatti, al pari del conduttore di un immobile concesso in locazione, potrà rivolgersi direttamente al gestore del servizio (nel caso di specie rifornimento di energia elettrica) ed eseguire direttamente ogni lavoro urgente, salvo diritto al successivo rimborso.
[1] Trib. Catanzaro, ord. 14.07.14.
[2] Art. 337 sexies co.1 cod. civ. “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
[3] Art. 703 cod. proc. civ.
[4] Art. 1577 cod. civ.