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SEPARAZIONE E DIVORZIO - Addebito della separazione: i chiarimenti della Cassazione


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SEPARAZIONE E DIVORZIO - Addebito della separazione: i chiarimenti della Cassazione

28 gen 2024

Grava sulla parte che richiede l'addebito della separazione la prova che la condotta dell'altro coniuge ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere della controparte provare l'anteriorità della crisi matrimoniale

L'addebito della separazione

Il caso in esame ha interessato una coppia che, giunta alla fase patologica del proprio rapporto, aveva deciso di ricorrere alla separazione coniugale.

Nella specie, il Giudice di primo grado, dopo essersi pronunciato sulla separazione dei coniugi, aveva respinto le reciproche domande di addebito della separazione. Avverso tale sentenza il marito aveva proposto appello, lamentando, in particolare, l'erroneità della statuizione in punto di addebito della separazione. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, procedeva ad addebitare la separazione alla moglie, la quale aveva pertanto proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione lamentando diverse doglianze.

La ricorrente aveva anzitutto evidenziato che il Giudice di secondo grado aveva omesso di valutare "le sue specifiche deduzioni in ordine alla decisione di vivere da separata in casa in considerazione dell'età della figlia, e di essere soggetta, anche a seguito dell'infortunio del marito, a richieste di pratiche sessuali a lei sgradite"; ella aveva inoltre rappresentato che la coppia, durante la crisi coniugale, aveva adottato l'abitudine di svolgere alcune attività, quali dormire e trascorrere le vacanze, separatamente. La parte ricorrente aveva altresì censurato l'utilizzo dei messaggi sulla chat "whatsapp" quale prova della perdurante sussistenza dell'affectio coniugalis tra i coniugi, dal momento che esse erano temporalmente successive al suo allontanamento volontario e concordato dalla casa coniugale.

La ricorrente, inoltre, aveva contestato la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa aveva ritenuto che ella non avesse assolto all'onere probatorio in ordine alla durata temporale della crisi coniugale.

La ripartizione dell'onere probatorio

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 35296/2023 (sotto allegata), ha esaminato la questione sottoposta alla sua attenzione, concernente in particolare la legittimità dell'addebito della separazione operato dalla Corte d'Appello, rigettando il ricorso proposto.

Rispetto alla suddetta circostanza il Giudice di legittimità ha anzitutto ricordato "il consolidato principio affermato da questa Corte secondo il quale grava sulla parte che richieda l'addebito della separazione l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale".

Ciò posto, prosegue la Corte, il Giudice di merito ha correttamente applicato tale principio, posto che dal giudizio era pacificamente emerso che "la moglie si è allontanata dalla casa familiare ed ha intrapreso una relazione extraconiugale, comportamenti che costituiscono violazione del dovere di coabitazione e del dovere di fedeltà, idonei, ciascuno di essi anche da solo, ed a maggior ragione se contestualmente attuati, a determinare l'addebito della separazione, a meno che il coniuge cui sono imputabili questi comportamenti non dimostri l'esistenza di una giusta causa o della loro inefficacia sulla crisi coniugale".

Invero, prosegue la Cassazione "la Corte d'appello ha adeguatamente spiegato (…) le ragioni per le quali ha ritenuto indimostrato che i comportamenti della moglie si innestassero su una crisi matrimoniale pregressa, dando particolare rilievo a taluni mezzi di prova e segnatamente alle conversazioni su chat, (…), alla circostanza che la convivenza era proseguita anche dopo la dedotta crisi (..), al tenore della testimonianza del fratello della ricorrente, che aveva mostrato sorpresa per la decisione di quest'ultima di lasciare il marito".

Sulla base du quanto sopra esposto, la Cassazione ha concluso il proprio esame, condividendo gli esiti cui era giunto il Giudice di secondo grado e ritenendo pertanto che la moglie, sulla quale gravava il relativo onere probatorio, non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare il fatto che la crisi coniugale era precedente rispetto ai fatti alla stessa contestati, con la conseguenza che la separazione doveva considerarsi alla stessa addebitabile, conformemente a quanto statuito dalla Corte d'Appello.

 

SEPARAZIONE GIUDIZIALE – ASSEGNO DI MANTENIMENTO

 

SEPARAZIONE GIUDIZIALE – ASSEGNO DI MANTENIMENTO

 

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza dei coniugi, assumendo a tal fine rilievo anche i redditi occultati al fisco, per l'accertamento dei quali l'ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria. Il potere di disporre indagini di polizia tributaria, anche d'ufficio, costituisce una deroga ai principi generali in materia di onere della prova; ma va esercitato qualora il Giudice ritenga che siano stati allegati fatti precisi e circostanziati in ordine all'incompletezza o all'inattendibilità delle risultanze fiscali di uno dei coniugi. (Cass. Civ. Sez. I, Ord. 10 gennaio 2024 n. 918)

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SEPARAZIONE E DIVORZIO - Se i genitori perdono la bussola.

 

SEPARAZIONE E DIVORZIO - Se i genitori perdono la bussola.


Freud affermava che fare i genitori “non è difficile, ma impossibile”.
Si tratta chiaramente di una esagerazione, di una esasperazione volutamente cercata, per affermare come “essere” genitore, più che “fare” il genitore, sia uno dei ruoli più importanti e più difficili, un compito educativo fondamentale per la creazione delle coscienze.
Un ruolo oggi, il più delle volte, drammaticamente latitante, proprio perché buon senso, coerenza e ragionevolezza vengono accantonati e sostituiti da egoismi personali e priorità vane e false. Il danno educativo che ne consegue, quello derivante da una autorità genitoriale troppo protettiva o troppo distratta, troppo permissiva o al contrario asfissiante, comunque troppo poco incisiva, è sempre più pesante.
Così, nella giungla di regole non applicate o interpretate ad hoc da genitori troppo poco genitori, i giovani sono sempre più alla deriva, incapaci di rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni.Questo preambolo si riteneva necessario per presentare l'episodio su cui si vuole concentrare l'attenzione dei nostri lettori.
Qualche giorno fa, durante una normalissima gita scolastica di un liceo di Cuneo a Roma, alcuni studenti si sono resi responsabili di un atto di bullismo verso un loro compagno.
L'episodio, di particolare gravità, è stato registrato dai ragazzi con il cellulare e immesso nel girone infernale del web. I nostri giovani, nativi digitali, hanno bisogno di legittimare le loro azioni, anche quando sono illecite, credendo che tutto sia virtuale, traducendole nel linguaggio multimediale.Il video arriva naturalmente anche alla conoscenza dei docenti, compreso quello che accompagnava la classe, inconsapevole di tutto, perché l'episodio di bullismo è avvenuto di notte, quando, dopo innumerevoli giri di perlustrazione e di controllo, si sperava che i ragazzi fossero tranquilli a dormire e riposare. La reazione della scuola è immediata: dieci ragazzi vengono sospesi per due settimane e puniti con il quattro in condotta.
Ricordiamo che l'insufficienza in condotta, secondo quanto stabilito dal D.M. N° 5 del 2009, comporta la non scrutinabilità dello studente, e quindi la conseguente perdita dell'anno scolastico.
A questo punto ci si aspetterebbe una unione di intenti tra le due istituzioni educative fondamentali per i giovani, cioè la scuola e la famiglia, secondo un patto di corresponsabilità che spesso per le famiglie rimane qualcosa di relegato nel limbo delle buone intenzioni. Invece scatta la reazione indignata delle famiglie dei ragazzi rei di aver commesso il grave atto di bullismo, che scrivono per protesta ad un quotidiano, affermando di ritenere la punizione della scuola troppo eccessiva, perché “in fondo si trattava soltanto di uno scherzo”.
Naturalmente è scattata una inchiesta vera e propria e il direttore responsabile dell'USP (ufficio scolastico provinciale) di Cuneo ha affermato che metterà in moto gli organi preposti per verificare che ci sia stata la giusta sorveglianza alla classe durante la gita scolastica. La gita scolastica si prefigura infatti come una vera e propria attività scolastica ed educativa e ne deriva quindi, come anche affermato da una recente sentenza, Cassazione civile, n° 1769/12, la responsabilità dei docenti e dell'istituto scolastico per “culpa in vigilando”: “l'accoglimento della domanda di iscrizione con la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, determina l'insaturazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell' allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni”.
Se qualcuno, quindi, ha sbagliato, anche tra gli adulti, dovrà naturalmente pagare, ma difendere i propri figli ad oltranza, come è accaduto in questo caso da parte delle famiglie degli studenti colpevoli, senza censurare con chiarezza e decisione il loro comportamento, non può essereconfigurato come un atto educativo.
I minori hanno bisogno di conoscere i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, e rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni. Aiutarli in questo processo è compito degli educatori e delle agenzie educative preposte, prima fra tutte la famiglia, che oggi invece ha drammaticamente perso il proprio ruolo, delegando troppo spesso alla scuola funzioni che invece dovrebbero essere proprie.



SEPARAZIONE E DIVORZIO - Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

 

SEPARAZIONE E DIVORZIO - Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

Conseguenze legali per chi non paga gli alimenti ai figli in caso di separazione con la madre.

La questione dell’affido dei figli minori in caso di separazione dei genitori è complessa e influenzata da diversi fattori. Una domanda che spesso ci si pone è cosa rischia il padre che non versa gli alimenti.Chi non paga il mantenimento perde l’affidamento dei figli?

La risposta varia sensibilmente a seconda della gravità della condotta. Isolati inadempimenti, specie se dovuti a difficoltà economiche, non possono derogare al principio generale che impone l’affidamento condiviso. Del resto il diritto alla «bigenitorialità» è sancito dalla Costituzione.

In questo articolo vedremo, alla luce di alcune sentenze della giurisprudenza, quando il totale disinteresse del genitore giustifica l’affido esclusivo della prole. Ma procediamo con ordine.

Che effetti ha il mancato pagamento del mantenimento sull’affido dei figli?

L’omesso pagamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli da parte del genitore non collocatario può portare alla perdita dell’affidamento condiviso del minore quando è grave e reiterato. Il giudice può decidere per l’affidamento esclusivo all’altro genitore solo se da tale omissione deriva un danno agli interessi del minore (ad esempio una perdita delle occasioni di studio).

L’affidamento condiviso è la regola generale mentre l’affidamento esclusivo va disposto solo quando si accerta l’inidoneità o la manifesta carenza di un genitore e l’idoneità dell’altro a prendersi cura del bambino.

La legge preferisce infatti che entrambi i genitori siano coinvolti nell’educazione del figlio dopo una separazione (modello condiviso). L’affidamento esclusivo a un solo genitore è quindi l’eccezione.

Tuttavia, il regime di affidamento condiviso potrebbe risultare pregiudizievole per l’interesse del minore nel caso in cui il genitore si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita: tali condotte, infatti, sono indici della incapacità ad affrontare le responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente e pertanto giustificano l’affidamento esclusivo (Trib. Rovigo, sent. n. 384/2023, Trib. Bari, sent. n. 1471/2023).

Come chiarito di recente dal tribunale di Pistoia (sent. n. 848/2023), se l’affidamento condiviso si rivela dannoso per il benessere del minore, il giudice può optare per l’affidamento esclusivo. Questa situazione si può verificare, ad esempio, quando un genitore mostra indifferenza verso il figlio, attraversa un disagio esistenziale che influisce negativamente sul loro rapporto, o semplicemente non provvede ai bisogni fondamentali del bambino.

Omesso versamento degli alimenti: la perdita dell’affido non è automatica

In ogni caso, il semplice fatto che il genitore non collocatario si renda inadempiente all’obbligo di mantenimento dei figli non è elemento di per sé decisivo ai fini dell’affido esclusivo della prole in favore dell’altro genitore. Non si tratta cioè di una conseguenza automatica. Tale decisione richiede una valutazione complessiva dell’atteggiamento del genitore, tale da integrare una manifesta carenza di attitudini genitoriali ed un pregiudizio per il figlio. Insomma, è il giudice che decide caso per caso sulla base della gravità della condotta del genitore inadempiente e delle conseguenze che questa ha avuto o potrebbe avere sul figlio.

Cosa comporta l’indifferenza del genitore nei confronti del figlio?

Oltre al mancato sostegno economico, anche l’indifferenza o un disagio esistenziale del genitore che incide sul rapporto con il minore può essere motivo per revocare l’affido condiviso. Tale comportamento è considerato inadeguato per le responsabilità che l’affido condiviso comporta.

In presenza di un grave disinteresse da parte di un genitore l’affido dei figli viene assegnato all’altro genitore in via esclusiva. Questo significa che il genitore affidatario assume da solo le decisioni di maggiore interesse per il figlio, senza il consenso dell’altro.

In un recente caso deciso dal tribunale di Trapani (sent. del 4.01.2023), il totale disinteresse del padre nei confronti delle figlie, che non ha nemmeno riconosciuto alla nascita e nei cui confronti non ha adempiuto a nessuno degli obblighi di educazione e mantenimento che incombono su di un genitore, costituisce un evidente esempio di condotta tale da giustificare la deroga al regime dell’affidamento condiviso.