SEPARAZIONE E DIVORZIO - Se i genitori perdono la bussola.
Freud affermava che fare i genitori “non è difficile, ma impossibile”.
Si
tratta chiaramente di una esagerazione, di una esasperazione
volutamente cercata, per affermare come “essere” genitore, più che
“fare” il genitore, sia uno dei ruoli più importanti e più difficili,
un compito educativo fondamentale per la creazione delle coscienze.
Un
ruolo oggi, il più delle volte, drammaticamente latitante, proprio
perché buon senso, coerenza e ragionevolezza vengono accantonati e
sostituiti da egoismi personali e priorità vane e false. Il danno
educativo che ne consegue, quello derivante da una autorità genitoriale
troppo protettiva o troppo distratta, troppo permissiva o al contrario
asfissiante, comunque troppo poco incisiva, è sempre più pesante.
Così,
nella giungla di regole non applicate o interpretate ad hoc da genitori
troppo poco genitori, i giovani sono sempre più alla deriva, incapaci
di rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni.Questo
preambolo si riteneva necessario per presentare l'episodio su cui si
vuole concentrare l'attenzione dei nostri lettori.
Qualche
giorno fa, durante una normalissima gita scolastica di un liceo di
Cuneo a Roma, alcuni studenti si sono resi responsabili di un atto di
bullismo verso un loro compagno.
L'episodio,
di particolare gravità, è stato registrato dai ragazzi con il
cellulare e immesso nel girone infernale del web. I nostri giovani,
nativi digitali, hanno bisogno di legittimare le loro azioni, anche
quando sono illecite, credendo che tutto sia virtuale, traducendole nel
linguaggio multimediale.Il video arriva naturalmente anche alla
conoscenza dei docenti, compreso quello che accompagnava la classe,
inconsapevole di tutto, perché l'episodio di bullismo è avvenuto di
notte, quando, dopo innumerevoli giri di perlustrazione e di controllo,
si sperava che i ragazzi fossero tranquilli a dormire e riposare. La
reazione della scuola è immediata: dieci ragazzi vengono sospesi per
due settimane e puniti con il quattro in condotta.
Ricordiamo
che l'insufficienza in condotta, secondo quanto stabilito dal D.M. N° 5
del 2009, comporta la non scrutinabilità dello studente, e quindi la
conseguente perdita dell'anno scolastico.
A
questo punto ci si aspetterebbe una unione di intenti tra le due
istituzioni educative fondamentali per i giovani, cioè la scuola e la
famiglia, secondo un patto di corresponsabilità che spesso per le
famiglie rimane qualcosa di relegato nel limbo delle buone intenzioni.
Invece scatta la reazione indignata delle famiglie dei ragazzi rei di
aver commesso il grave atto di bullismo, che scrivono per protesta ad un
quotidiano, affermando di ritenere la punizione della scuola troppo
eccessiva, perché “in fondo si trattava soltanto di uno scherzo”.
Naturalmente
è scattata una inchiesta vera e propria e il direttore responsabile
dell'USP (ufficio scolastico provinciale) di Cuneo ha affermato che
metterà in moto gli organi preposti per verificare che ci sia stata la
giusta sorveglianza alla classe durante la gita scolastica. La gita
scolastica si prefigura infatti come una vera e propria attività
scolastica ed educativa e ne deriva quindi, come anche affermato da una
recente sentenza, Cassazione civile, n° 1769/12, la responsabilità dei
docenti e dell'istituto scolastico per “culpa in vigilando”:
“l'accoglimento della domanda di iscrizione con la conseguente
ammissione dell'allievo a scuola, determina l'insaturazione di un
vincolo negoziale, dal quale sorge l'obbligazione di vigilare sulla
sicurezza e l'incolumità dell' allievo nel tempo in cui fruisce della
prestazione scolastica in tutte le sue espressioni”.
Se
qualcuno, quindi, ha sbagliato, anche tra gli adulti, dovrà
naturalmente pagare, ma difendere i propri figli ad oltranza, come è
accaduto in questo caso da parte delle famiglie degli studenti
colpevoli, senza censurare con chiarezza e decisione il loro
comportamento, non può essereconfigurato come un atto educativo.
I
minori hanno bisogno di conoscere i confini tra ciò che è lecito e
ciò che non lo è, e rendersi conto delle conseguenze delle proprie
azioni. Aiutarli in questo processo è compito degli educatori e delle
agenzie educative preposte, prima fra tutte la famiglia, che oggi invece
ha drammaticamente perso il proprio ruolo, delegando troppo spesso alla
scuola funzioni che invece dovrebbero essere proprie.