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SEPARAZIONE E DIVORZIO: Revocato il mantenimento alla figlia trentacinquenne che non si è mai attivata per trovare un lavoro



Revocato il mantenimento alla figlia trentacinquenne che non si è mai attivata per trovare un lavoro
L’obbligo cessa quando il genitore dimostra di aver messo la giovane nelle condizioni di essere economicamente autosufficiente: non contano le ottime condizioni economiche dell’ascendente.
Legittima la revoca del mantenimento per la figlia se questa, ormai trentacinquenne, non si è mai attivata per trovare un lavoro. L’obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli rimasti con l’altro coniuge viene meno, infatti, quando viene fornita la prova di aver messo la prole nelle condizioni di essere economicamente autosufficiente. Lo ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 22314/17 di oggi che ha respinto il ricorso di una ex moglie nei confronti del marito. L’uomo aveva chiesto al tribunale di revocare il contributo da versare alla ex moglie per il mantenimento della figlia maggiorenne con lei convivente. Il giudice ha respinto la domanda la Corte d’appello ha revocato il decreto rilevando che erano venute meno le relative condizioni, non essendosi la figlia, trentacinquenne, neppure attivata per la ricerca di un lavoro successivamente al compimento del diciottesimo anno di età e non essendo affetta da patologie che ne riducessero la capacità lavorativa.
La ex moglie ha quindi presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la Corte non avendo la aveva valutato le ottime condizioni economiche dell’obbligato, il quale era titolare di diversi fabbricati e terreni e aveva acquisito bene in via ereditaria. I giudici, inoltre, non avevano verificato la produzione medica riguardante lo stato di salute della figlia, affetta da una malattia degenerativa che ne aveva minato la capacità lavorativa.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, ha affermato le condizioni reddituali dell’onerato non sono rilevanti in questo giudizio dal momento che la ratio decidendi del provvedimento impugnato, è costituita dall’insussistenza delle condizioni per la permanenza dell’obbligo di corrispondere il contributo di mantenimento per la figlia (trentacinquenne). All’esito di un esauriente accertamento di fatto, infatti, i giudici hanno escluso la persistenza dell’obbligo valutando la complessiva condotta personale tenuta dall’interessata dal momento del raggiungimento della maggiore età, visto il mancato impegno per la ricerca di un’occupazione lavorativa.
In merito all’omessa valutazione della documentazione medica il collegio di legittimità ha ritenuto il motivo inammissibile perché volto a sollecitare una impropria revisione degli elementi probatori non consentita nel giudizio di legittimità. La sentenza impugnata, invece, ha concluso la Cassazione, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio (nella specie, di 35 anni) perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.