Padre muta spesso residenza? Legittimo affidamento dei minori alla madre con residenza all’estero
E’ legittimo l’affidamento alla madre dei minori con residenza all’estero se il padre, seppur coaffidatario, non aveva con i figli, prima del loro trasferimento all’estero, un rapporto continuativo e stabile, fondato su di un loro radicamento effettivo nell’ambiente nel quale erano nati e cresciuti, avendo lo stesso più volte mutato la propria sistemazione abitativa
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con la sentenza del 7 febbraio 2017, n. 3194, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato quanto già deciso dalla Corte d’appello di Genova.
La vicenda
La pronuncia traeva origine dal FATTO che il Tribunale di Genova, con sentenza n. 126/2012, pronunciava la separazione giudiziale senza addebito dei coniugi TIZIO e GAIA, stabilendo l’affidamento condiviso dei figli minori ALFA e BETA e la loro collocazione abitativa prevalente in Inghilterra presso la madre, con facoltà per il padre di tenerli con sé secondo le modalità stabilite in motivazione, e fissando un assegno di mantenimento per i predetti minori a carico del padre, oltre ad un contributo del medesimo in misura del 50% alle spese straordinarie.
Avverso tale decisione proponeva appello TIZIO, che veniva disatteso dalla Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 128/2013.
Il giudice del gravame riteneva corretta la pronuncia di separazione dei coniugi senza addebito, nonché la collocazione prevalente dei minori presso la madre in quanto conforme all’interesse dei medesimi, anche in considerazione del fatto che TIZIO aveva cambiato più volte abitazione, spostandosi da una città all’altra, e reputava inammissibili ed irrilevanti i mezzi di prova articolati dall’appellante.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, affidato a sette motivi.
I motivi di ricorso
Per quanto è qui di interesse, con il primo e secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non abbia accolto la domanda di addebitò della separazione alla moglie, sebbene la medesima avesse abbandonato definitivamente il domicilio coniugale ed avesse utilizzato un contratto ed una fattura falsi, al fine di percepire compensi “in nero” da una casa editrice, facendo artatamente apparire che autore di un libro fosse il fratello.
Di più, la Corte territoriale avrebbe, altresì, omesso l’esame di un altro fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’allontanamento definitivo della GAIA dal domicilio coniugale, con i figli minori Alfa e Beta, incorrendo, in tal modo, nella violazione sia dell’art. 151 cod. civ., sia dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (nel testo attualmente vigente, applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis).
Con il quarto motivo il ricorrente TIZIO lamenta, con riferimento alla collocazione dei figli minori presso la madre, il fatto che il giudice di appello non abbia tenuto conto della sentenza penale emessa dal Tribunale di Genova nei confronti di GAIA, nonché del fatto che il trasferimento dei minori all’estero sarebbe pregiudizievole per i medesimi.
La decisione
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 3194/2017 ha ritenuto infondati i motivi ed ha rigettato il ricorso.
Quanto ai primi motivi di ricorso, precisa la Cassazione che in tema di separazione personale dei coniugi, l’allontanamento dal domicilio coniugale, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di convivenza, può costituire causa di addebito della separazione, a meno che sia avvenuto per giusta causa – la cui sussistenza va provata da chi ha posto in essere l’abbandono – che può essere rappresentata dalla stessa proposizione della domanda di separazione (art. 146, comma 2, cod. civ.), di per sé indicativa di pregresse tensioni tra i coniugi e, quindi, dell’intollerabilità della convivenza. Ne consegue che, in caso di allontanamento e di richiesta di addebito, spetta al richiedente, e non all’altro coniuge, provare non solo l’allontanamento dalla casa coniugale, ma anche il nesso di causalità tra detto comportamento e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 19328/2015).
Ebbene, nel caso di specie, rileva la Cassazione, l’odierna resistente risulta avere abbandonato definitivamente la casa coniugale, dopo un brevissimo precedente allontanamento, ma soltanto dopo che in data 14 settembre 2005 la medesima aveva presentato domanda di separazione e dopo che entrambi i coniugi si erano querelati reciprocamente.
Ed è del tutto evidente che, a fronte di tali circostanze, inequivocabilmente sintomatiche di una pregressa ed oggettiva situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza, nessuno specifico rilievo, ai fini dell’addebito della stessa, può rivestire, come correttamente ritenuto dalla Corte di Appello, la circostanza relativa ai diritti di autore del libro, in quanto non incidente in maniera significativa sui rapporti tra i coniugi.
Quanto al fatto in sé del trasferimento dei minori all’estero, soggiunge la Suprema Corte, va rilevato che esso è stato ampiamente considerato dalla Corte territoriale, la quale ha escluso il pregiudizio per i minori considerando che neppure TIZIO era in grado di assicurare ai figli “quella continuità di abitudini di vita che invocava come ragione prevalente per opporsi al trasferimento dei figli con la madre in Gran Bretagna”, e ciò a causa dei continui trasferimenti, per ragioni di lavoro, che il medesimo aveva subito, spostandosi da una città all’altra e cambiando casa continuamente.
Ebbene, va osservato, al riguardo, che nella convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, resa esecutiva con legge 15 gennaio 1994 n. 64, diretta a proteggere il minore contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro nel luogo in cui si svolge la sua abituale vita quotidiana, ripristinando lo “status quo ante”,i diritti compresi nel “diritto di affidamento” devono essere effettivamente esercitati al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro.
A tal fine, si deve verificare, per il caso, ricorrente nella specie, di titolarità congiunta dei diritti di custodia del minore, se il genitore che ne lamenta la violazione li abbia in concreto esercitati e cioè se l’iniziativa del trasferimento all’estero non solo abbia arbitrariamente variato il luogo di residenza del minore prima concordato con l’altro genitore, ma abbia anche pregiudicato il rapporto di effettiva cura del minore da parte del genitore coaffidatario, impedendogli di continuare a soddisfare le molteplici esigenze fondamentali del figlio e, a quest’ultimo, di mantenere consuetudini e comunanza di vita, ancorché in misura inferiore rispetto all’altro genitore.
E tuttavia, nel caso concreto, dalle risultanze del giudizio di merito è emerso, ben al contrario, che TIZIO non aveva affatto in corso con i figli, prima del loro trasferimento all’estero, un rapporto continuativo e stabile, fondato su di un loro radicamento effettivo nell’ambiente nel quale erano nati e cresciuti, avendo lo stesso più volte mutato la propria sistemazione abitativa.
La Corte territoriale ha, inoltre, accertato – sulla base delle risultanze della disposta c.t.u. e degli altri atti di causa – che GAIA aveva un buon rapporto con i figli, che la medesima non li maltrattava, essendo stata anche assolta dall’imputazione ai danni del figlio, dimostrandosi, per contro come una persona equilibrata e dotata di buone risorse affettive, nonché in grado, sotto il profilo della sicurezza reddituale, di garantire un ambiente più favorevole all’equilibrato sviluppo dei minori.
Per converso, TIZIO si era rivelato – alla stregua degli accertamenti peritali – persona che non tollera che le cose non vadano secondo il proprio punto di vista (p. 7), nonché irritabile ed aggressivo, perfino incline ad approfittare della sua qualità di poliziotto per raggiungere i fini perseguiti.
La doglianza del ricorrente, avendo la Corte di merito ampiamente e congruamente esaminato il fatto controverso in discussione, non può, pertanto, essere accolta.