A precisarlo sono i giudici della Cassazione (sent. n. 11686 del 15 maggio 2013), che accolgono il ricorso di una ex moglie contro la decisione della Corte d’appello che le aveva revocato l’assegno divorzile ritenendo che il reddito di cui la stessa disponeva le consentisse di conservare il tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio.
La donna era anche intestataria di beni immobili ma la Cassazione ha ritenuto la circostanza irrilevante, ponendo invece l’accento sull’inadeguatezza dei mezzi della stessa raffrontati al tenore di vita che avrebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione.
Sul punto, si legge in sentenza: « deve quindi rilevarsi come nella decisione
impugnata si sia omesso di valutare il tenore di vita in costanza di matrimonio, sia con riferimento alla posizione economica e sociale delle parti sia in relazione all’assetto economico vigente all’atto della pregressa separazione personale, che la Corte territoriale ha del tutto svalutato, costituendo, al contrario, un elemento utile di valutazione, che è suscettibile di essere apprezzato in favore della parte richiedente l’assegno, per il principio di acquisizione presente nel vigente ordinamento processuale, anche in assenza della prova da parte del richiedente della sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’attribuzione dell’assegno in questione».
La valutazione, che quindi deve tenere conto del tenore di vita antecedente alla separazione, e di quello che si sarebbe avuto se il rapporto fosse continuato, va effettuata sulla base delle potenzialità economiche dei coniugi, dell’ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire elementi utili di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi.
La donna era anche intestataria di beni immobili ma la Cassazione ha ritenuto la circostanza irrilevante, ponendo invece l’accento sull’inadeguatezza dei mezzi della stessa raffrontati al tenore di vita che avrebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione.
Sul punto, si legge in sentenza: « deve quindi rilevarsi come nella decisione
impugnata si sia omesso di valutare il tenore di vita in costanza di matrimonio, sia con riferimento alla posizione economica e sociale delle parti sia in relazione all’assetto economico vigente all’atto della pregressa separazione personale, che la Corte territoriale ha del tutto svalutato, costituendo, al contrario, un elemento utile di valutazione, che è suscettibile di essere apprezzato in favore della parte richiedente l’assegno, per il principio di acquisizione presente nel vigente ordinamento processuale, anche in assenza della prova da parte del richiedente della sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’attribuzione dell’assegno in questione».
La valutazione, che quindi deve tenere conto del tenore di vita antecedente alla separazione, e di quello che si sarebbe avuto se il rapporto fosse continuato, va effettuata sulla base delle potenzialità economiche dei coniugi, dell’ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire elementi utili di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi.