Con la L. n. 54 del 01.02.2006 entra in vigore la nuova regola per l'affido condiviso, dopo un percorso assai travagliato, durato dodici anni, ma che proietta nuove luci ed ombre sulla materia. Cambiano le regole di affidamento dei figli in caso di separazione tra i genitori, anche in caso di coppie non sposate. E’ la rivincita dell’elemento maschile del matrimonio, dopo la connotazione femminile imposta dalla riforma del 1970 con la legge sul divorzio. Se un tempo non può negarsi che le madri erano, essenzialmente, casalinghe e potevano, più dei padri, occuparsi a tempo pieno dei figli nella importante (ed insostituibile) attività di cura, educazione ed istruzione della prole, oggi è consuetudine che entrambi i genitori lavorino fuori casa a tempo pieno; si pone parziale rimedio quindi ad un anacronismo di cui, né il legislatore né tantomeno i giudici non potevano non tener conto, cioè la assurdità della figura del padre relegato a genitore del tempo libero (e non del quotidiano). Nei Tribunali, dunque, cambia la cultura dell’affido che in passato, in base ai dati ISTAT, aveva visto affidare i figli nell’84% dei casi alle mamme, nel 3,8% ai padri e solo nell’11,9% in affido congiunto o alternato. Il provvedimento, sulla carta, costituisce insomma una vera rivoluzione copernicana, poiché manda in pensione il concetto di ruolo predominante della madre e stabilisce la regola della bi-genitorialità, anche dopo la crisi della coppia. Per effetto della separazione personale dei genitori, non consegue necessariamente, come nella precedente disciplina, la separazione di uno dei genitori dai figli, affinchè il fallimento come coppia non comporti necessariamente il fallimento come genitori. Non ci sono più vincitori né vinti, come finora sanciti in una udienza di tre minuti o poco più, a vantaggio del crollo di conflittualità. La nuova legge, sulla scorta dell’esperienza maturata in molti paesi europei, prevede, infatti, come regola standard e di partenza, l’affidamento dei figli ad entrambi i genitori, anche se il giudice, con parere motivato, può ancora disporre l’affido esclusivo ad uno di essi. La scelta del giudice dovrà essere guidata innanzitutto dall'interesse della prole. Ciò significa che il giudice dovrà tener conto soprattutto degli aspetti affettivi e psicologici, oltre che materiali della stessa. Quindi, tale istituto non potrà essere attuato allorchè l'affidamento ad uno dei genitori possa risultare in danno alla prole. La scelta verso il medesimo istituto non dovrà essere presa tenendo conto dell'addebito della separazione: nel caso in cui un coniuge venga ritenuto "responsabile" della separazione, potrà essergli comunque affidata la prole. E anche nel caso in cui il coniuge separato già conviva con un'altra persona, può essere stabilito l'affidamento condiviso in suo favore: in quanto quel che conta è che alla prole sia assicurato un ambiente in grado di assicurargli il miglior sviluppo della personalità. |
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AFFIDAMENTO CONDIVISO. Avv. Vania Sciarra.
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